La scelta dolorosa di «addormentare» il proprio cane (dopo 15 anni insieme)

Carlo Cultrera

È nato tutto nell’estate 2002, quando decidiamo di prendere un cane femmina di razza Golden retriever. Arriviamo all’allevamento e ci viene incontro una Golden adulta che tira su le labbra, fa quasi paura... in realtà ride. È la mamma di Olivia. Anche Olivia riderà, ottima scusa per aver più cibo. Mentre andiamo via prima della decisione finale, non so perché mi giro - mi sembra ieri - una cucciola mi fissa da lontano: occhi sottili, il suo sguardo entra nel mio. Mi ha fatto girare lei ?

eutanasia caneGiorni dopo torno per prendere il cane, era la sola rimasta della cucciolata, forse perché magra, non so. È così che Olivia è entrata nella mia vita. Quanti momenti incredibili. Le passeggiate la mattina presto davanti al Monte Bianco, al freddo, per andare al bar dove iniziava il tuo show: feste a tutti, ma specialmente alla barista, perché ti allungasse qualcosa da mangiare. E poi ai bambini. La tua calma a casa, tanto che a volte chiedevo ad alta voce: ma Olivia c’è? Il tuo finto esser svogliata, poi un rumore dalla cucina, carta dei biscotti, ed eccoti li, seria come una leonessa che fissa un’antilope, concentratissima, gli occhi sulla mia mano: come facevo a non darteli? Olivia La pappa la sera: avevi l’orologio in testa. Ore 17.30. Ma a volte, d’inverno, faceva buio già prima e io a spiegarti che c’era l’ora legale o che le Borse erano ancora aperte...

Sentirti russare la notte e io a chiedermi: ma cosa sogni? Carne fumante? Biscotti? Quei tuoi sospiri che quasi mi cullavano, fino ad addormentarmi. La tua presenza nelle mie difficoltà. Quasi le sentivi, venivi accanto al letto e pur di appoggiare la mano su di te mi mettevo in posizioni impossibili. O quando uscivo: ti lasciavo davanti alla porta, tornavo dopo ore ed eri ancora li. E io che ti dicevo: ma sei una statua? Ma un gesto, un gesto mi ha stregato. E ogni volta mi faceva dire: hai vinto tu, dipendo da te.

Quando mi avvicinavo per accarezzarti e tu capivi, ti mettevi in posa: io appoggiavo la mano sul collo e tu, sempre, appoggiavi la tua zampa buona, grande, morbida sul mio braccio. Come stringere una mano! Zampa nella zampa. Ma sono stato bravo anche io, Olivia. Le uscite, quattro al giorno, caldo, freddo, presto, tardi, stanco, di notte, d’estate. E quante ne ho raccolte! Sono riuscito pure a curarti bene anche quando ti hanno tolto la milza e due tumori, la pancia rasata, rosa con una cicatrice enorme, lunga, viva. O la scorsa estate: tutto agosto a Milano, tu anziana avevi avuto quasi un colpo, non ti alzavi. addormentare caneLa casa un casino, trenta chili da portare fuori in braccio, peli ovunque. Ma noi la sera ci guardavamo e vedevo che volevi farcela, così ti prendevo in giro: "Oli, come cammini storta"! 

Mi hai fatto discutere con la dolce e paziente fidanzata, lei che come ti vedeva ti viziava col cibo e tu regolarmente ti strusciavi sui suoi vestiti riempiendoli di peli. Però quante belle foto noi tre insieme! Poi il temuto dramma, vomito, il tuo cibo preferito che restava li: carote, patate, biscotti, carne. La tua fatica per alzarti, si vedeva che soffrivi. L’analisi: almeno un tumore, niente da fare. Cavolo, non miglioravi, ti mettevo quasi in gola il cibo. Niente. Ecco il momento non umano, contro natura, troppo forte da sopportare. Facile dire che non deve soffrire.  Ma si è in due. Il 20 gennaio chiamo: “Domani arriviamo”. La sera prima è irreale, gia penso a come sarà la casa senza di te, mi siedo accanto a te, quasi mi addormento, ti accarezzo fin quasi a consumarti la testa. Spero sempre in una tua ripresa o quasi mi auguro che ti addormenti da sola.

Il giorno dopo sono quasi freddo, distaccato. L’ultima uscita, cerco di essere spiritoso, quasi ti prendo in giro ma tu mi lanci degli sguardi... Dai, non puoi capire!? Lʼultima sera di Olivia In macchina mi concentro sui semafori, quasi a dire a me stesso: facciamo veloce. Arriviamo. Ultimo giro sul prato davanti la clinica, qualche foto senza senso. E lì c’è il crollo, non stavi cosi male, io invece ero piegato in due, qualche passante mi ha pure guardato preoccupato.

Tutto veloce, altro vomito, ti accarezzo mentre mi lasci con un’espressione serena. Mi prendo un ciuffo del tuo pelo accarezzato migliaia di volte. Il tuo ricordo. I giorni successivi combatto con il rimorso, l’incertezza della scelta. La tua immagine è ancora così viva, la notte mi manca il respiro. Riguardo in modo compulsivo le tue foto. E, quasi a sorpresa, arriva il ricordo dolce e doloroso insieme, la consapevolezza di aver vissuto quasi 15 anni insieme: più di cosi non si poteva fare! Oggi che cosa mi manca? La possibilità di dare e ricevere affetto in ogni momento della giornata, la tua presenza rassicurante, la sensazione di essere entrati uno nell’altro, di essere anche io un po’ Golden, stesso carattere, e tu un po’ umana per aver vissuto sempre insieme tutto questo tempo.

Olivia e Carlo 5/5/02 – 21/1/17

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