Zefiro...vento di ponente

Giada Fornaciari

Era novembre del 2015. Da parecchi giorni riflettevo  solitaria sull'idea di prendere un cane. Ormai i bambini erano più autonomi, io meno oberata ed il desiderio di un amico a quattro zampe nelle nostre vite non mi aveva mai abbandonata. Continuavo a fare ricerche su ricerche per capire quale razza potesse andare a genio ai bambini e mi ponevo due soli  vincoli: doveva essere una femmina e di piccole dimensioni. Una sera ne parlai con mio marito, che ovviamente cadde dalle nuvole per quella proposta azzardata ed improvvisa. Lui, come ad ogni nuovo progetto proposto, mi disse che dovevamo pensarci bene, che l'impegno era importante....ma il giorno dopo (di nascosto) stava già cercando annunci di cuccioli da adottare. Dopo soli due giorni mi disse: se proprio dobbiamo prendere un cane che sia quello che hai sempre desiderato: un Golden Retriever. I miei occhi si riempirono di luce e gli angoli della mia bocca continuavano a tirare verso l'alto, accennando un sorriso incontenibile. Un Golden Retriver....il cane che avevo sognato per tutti gli anni della mia infanzia. Mio marito mi stava regalando un desiderio lungo una vita ed io non potevo assolutamente rinunciarci.   << Ho già chiamato un allevatore, ha dei cuccioli di 45 giorni, mi ha proposto di andare a vederli. >> Mio marito, quello che "dobbiamo pensarci bene", aveva già fatto tutto in soli due giorni. Ne parlammo con i bambini (Riccardo aveva tre anni e mezzo, Ludovica quasi sette). Iniziarono a saltellare dalla felicità, ad urlare, ad abbracciarci, a sbaciucchiarci. Così, carichi di gioia, andammo a pochi km da Piacenza, in collina, dove Paolo (l'allevatore) viveva. Giornata freddissima, uggiosa, umida. Arrivammo in un posto molto bello, circondato dal verde e dai boschi. Paolo si presentò e ci disse di seguirlo. Aprì la porta della sua abitazione ed in meno di 10 secondi fummo travolti da 11 cicciottelli dorati scodinzolanti che correvano come matti, perdendo a volte l'equilibrio e finendo col musino per terra. I bambini ridevano come mai fino ad allora e si lasciavano rincorrere e mordicchiare, io e mio marito eravamo più emozionati di loro. Uno tra tutti si fece prepotentemente largo tra gli altri e mi venne letteralmente addosso, spingendosi forte con le zampine per accomodarsi tra le mie braccia.  Era chiarissimo, bello come il sole, ruffiano, buffo, tenero. Subito dopo un altro cucciolo cercò di rubargli il posto, era molto più scuro, bellissimo. << Oddio, sono in due, e adesso quale scelgo?>> Dissi a mio marito che eveva altri cuccioli appesi ai lacci delle scarpe. << Il primo che ha scelto te >> Disse lui sorridendo. Avvicinai il cucciolo al mio viso, lo guardai dritto negli occhi e chiesi a Paolo: << Come si chiama lui?>>   <<Zefiro disse Paolo >> Zefiro.... vento di Ponente...Mi piaceva anche il suo nome. La nostra storia d'amore nacque in quell'istante. Nessuna femmina, nessun cane di piccole dimensioni. Ma non è esattamente così che ci si innamora? I giorni a seguire furono lunghissimi, di trepidante attesa. Dovevamo aspettare il compimento dei due mesi. Ma arrivò anche quel momento e la nostra vita con Zefiro (detto Zef) iniziò.

Nonostante le nottate in bianco, le cacche e le pipì da pulire, le buche in giardino, il fango in casa ed i miei tentativi di educatrice fallita, Zef era una gioia per tutti. I mesi passavano e lui cresceva bene, era intelligente, furbo, aveva un ottimo self control, era affettuoso e cominciava ad ascoltare i comandi. Era un figlio per noi ed un fratello per i miei figli che lo cercavano di continuo. Era instancabile, amava la montagna più di ogni altra cosa,  l'acqua e le anatre da rincorrere. Sulle Dolomiti aveva un senso dell'orientamento che a volte ci lasciava davvero a bocca aperta ma era imprudente, correva vicino ai precipizi, nuotava per troppo tempo, si arrampicava sulla roccia come fosse uno stambecco e ci faceva spesso preoccupare. Lui era così, non avremmo potuto tenere legato uno spirito così libero. Quella stessa imprudenza, quella sua voglia di fare, quell'irrequietezza, quella libertà ce lo hanno portato via. Era il 5 luglio del 2017, una data che vorrei poter rimuovere dai miei ricordi. L'avevo visto appena rientrare con mio marito, stanco e accaldato come sempre dopo le sue uscite. Non aveva la capacità di dosare l'energia il mio Zef, e più ne aveva più ne sprecava. Lo guardavo dalla finestra, disteso in giardino sull'erba con la lingua penzoloni dopo aver bevuto. Ma dopo qualche minuto lui non era più semplicemente stanco. Lo chiamavo ma non alzava la testa. Ho cominciato ad urlare, a chiamare mio marito. Insieme abbiamo preso dell'acqua, gli abbiamo bagnato le zampe ed il viso. Mentre mio marito correva a prendere l'auto per portarlo in clinica mi sono avvicinata a lui accarezzandolo e chiedendogli cosa avesse. Lui mi guardava con gli occhi sbarrati e scodinzolava....

 

Scodinzolava....le sue uniche forze le ha utilizzate per me, per dirmi che era felice, per ringraziarmi perché forse aveva capito che stava andando via. I miei bambini stavano guardando tutto dalla finestra. Ero disperata. Lasciai che mio marito lo prendesse in braccio e lo portasse via di corsa. Io andai dai bambini ma loro non piangevano, non capivano. Dopo mezz'ora corsi in clinica anch'io. Mi presentarono un quadro clinico disperato, parlavano di colpo di calore, di acqua nei polmoni. Io non ci capivo nulla, riuscivo solo a piangere. Mi concessero solo cinque minuti per vederlo. Non saprò mai se lui abbia sentito la mia voce, le mie carezze, il mio amore. Respirava ma non era cosciente. Vani furono i miei tentativi di rivedere il mio amico prima della mattina successiva. In clinica nessuno mi apriva. Quando mi fu permesso di entrare era troppo tardi. Il mio Zef non respirava più. Non dimenticherò mai la disperazione negli occhi di mio marito, l'incredulità, i sensi di colpa, l'angoscia, la rabbia. Prese Zef in braccio, come fosse solo assopito, e lasciammo la clinica sommersi dalle lacrime. Non si è mai pronti ad affrontare la perdita di un amico, ma per noi è stato davvero inaccettabile. Zef non aveva neppure due anni, aveva tutta la vita davanti, con noi. E se per un adulto è assurdo comprendere uno strazio simile, per un bambino... Un bambino come può rassegnarsi? Dire ai miei figli che Zef se n'era andato è stata la cosa più difficile che mi sia capitata in tutta la mia vita di mamma. Avevo da gestire il mio dolore ( che spesso soffocavo per non farmi vedere da loro) ed il loro piccolo cuore frantumato da ricostruire. Ludovica piangeva tantissimo, era inconsolabile, Riccardo era impassibile, si arrabbiava di fronte alle nostre lacrime, parlava di Zef come se potesse tornare da un momento all'altro. Era evidente che non riusciva ad accettare. La vita però è talmente assurda da comprendere che non aveva ancora finito di riservarci delle sorprese. Arrivarono messaggi da ogni parte d'Italia e non solo, sia privati che pubblici, fotografie, proposte di cuccioli di Golden in regalo per noi, parole toccanti, commoventi. Eravamo travolti da un calore umano e da una solidarietà inspiegabile. Zef non era stato certo il primo Golden del gruppo a lasciarci. Eppure quel vuoto non era solo il nostro, era terribilmente di tutti. Il gruppo "Golden Retriever - Italia" non era più lo stesso.

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Ma la storia doveva continuare. Ed il cuore a volte ha così tanto bisogno di lasciarsi andare che dopo soli 24 giorni un dono dal cielo arrivò nuovamente nelle nostre vite. Heaven, il fratellino di Zef, quello che inizialmente avevamo assolutamente rifiutato, era un'ancora di salvezza per questa famiglia naufraga. Ho pensato di essere un mostro inizialmente, stavo quasi rimpiazzando Zef. Ma pian piano ho capito che non era affatto così. Heaven ci stava regalando sorrisi, ci stava rimettendo al mondo, stava raccattando i cocci dei cuori di tutta la famiglia. Tuttora mi capita di sentirmi maledettamente in colpa, non più verso Zef ma proprio verso di lui. Gli ho dato un bagaglio pesante da portare ed il paragone con suo fratello che inavvertitamente a volte mi viene spontaneo non è leale nei suoi confronti. Vorrei guardare lui un giorno senza per forza vederci Zef.

Come faccio adesso con Amelie, altro passo importante maturato dopo la grave perdita. Ebbene, Zef deve proprio avermi sussurrato all'orecchio di non fermarmi ad un solo amico ma di andare avanti. E così è stato. Anche stavolta mio marito di fronte alla mia proposta di famiglia allargata ha sbarrato gli occhi.... Ma  quello sguardo preoccupato è durato poco, lui è peggio di me, non riesce a non far del bene. Così dopo due giorni eravamo alle prese con una nuova adozione. Abbiamo aspettato Amelie da settembre a dicembre, ma adesso che la famiglia è al completo posso decisamente dire che un amico non ci lascia mai sul serio e che, seppur per vie assurde ed incomprensibili, sarà sempre accanto a noi ad indicarci la strada. Perciò, se avete amato tanto e sofferto per una perdita, ascoltate bene i segnali che arriveranno e seguiteli senza esitazione. Un'ultima cosa.... Grazie, grazie a tutte le persone che anche senza rendersene conto hanno contribuito a rendere meno pesante il nostro lutto e grazie ai nostri stupendi amici a quattro zampe per l'amore, la lealtà, le risate ed il tempo che ci regalano ogni giorno.

 

Ciao Zef, mio amico adorato per sempre

 

 

 

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